Tempo fa, leggendo un discorso di papa Francesco ai giovani, avevo sottolineato queste frasi: "Siate persone libere! Libertà vuol dire saper riflettere su quello che facciamo; saper valutare ciò che è bene e ciò che è male, vuol dire scegliere sempre il bene. Non abbiate paura di andare controcorrente. Essere liberi per scegliere sempre il bene è impegnativo ma vi renderà persone che sanno affrontare la vita; persone con coraggio e pazienza!".
Queste parole mi avevano ricordato il beato Pier Giorgio Frassati, la cui vicenda umana e cristiana è stata così importante nel mio cammino personale. Pier Giorgio è un esempio di grande libertà, di una persona che costruendo la vita sulla libertà ha saputo dimostrare in poco tempo che si possono raggiungere mete alte. Per lui la santità non era una vetta irraggiungibile, un sentiero per pochi, ma cammino che ognuno può percorrere scegliendo liberamente i mezzi per salire verso l’alto. I mezzi del quotidiano, della vita normale ma ancorata a ideali alti, a valori controcorrente, ieri come oggi.
Piergiorgio era un giovane di una gioia trascinante, una gioia che superava anche tante difficoltà della sua vita. Diceva di voler ripagare l’amore di Gesù visitando e aiutando i poveri. La sua è la storia di un giovane che ha dedicato la vita agli studi, all’impegno nella chiesa, alle attività sportive, alle attività di carità, all’amicizia profonda con i coetanei.
Nasce a Torino il 6 aprile del 1901 in una famiglia ricca e borghese: il padre, Alfredo, per nulla religioso, fonda e dirige il quotidiano "La Stampa". Quando scoppia la prima guerra mondiale, Pier Giorgio è adolescente. Diversi episodi di quegli anni dimostrano la sua partecipazione alle sofferenze dei soldati. A dodici anni frequenta il ginnasio ma viene bocciato. Si rammarica per il dolore procurato ai genitori e promette di impegnarsi per rimediare. Si iscrive all’Istituto sociale dei padri gesuiti, dove trova un vero trampolino di lancio per una piena formazione umana e spirituale. Inizia ad accostarsi quotidianamente all’Eucaristia. Dopo gli studi liceali, si iscrive al Politecnico di Torino scegliendo la facoltà di Ingegneria Mineraria. Il suo desiderio è quello di contribuire a migliorare le condizioni dei lavoratori all’interno delle miniere. A 24 anni è colpito da una poliomielite fulminante. L’ultimo suo gesto è un atto di carità: scrive su un foglietto il nome di un povero e chiede ad un amico di portargli l’aiuto promesso.
Muore il 4 luglio del 1925 e il giorno del funerale una folla immensa gli rende omaggio.
Tra la sorpresa di tutti, una moltitudine di poveri che lui, senza troppa pubblicità e quasi di nascosto, aiutava e visitava.
Viene dichiarato beato il 20 maggio del 1990 da papa Giovanni Paolo II che lo definisce “l’uomo delle Beatitudini”. Per tantissimi giovani quello di Pier Giorgio è il volto di un santo “moderno” in cui specchiarsi. Pier Giorgio è un ragazzo che studia, che cerca il sapere, la verità. Ma questo non è mai fine a se stesso. Lo fa sempre per mettersi a servizio degli altri. A volte emerge dalle sue lettere anche il fastidio, la noia di dover studiare, la paura per un esame. La sua non è una santità da mettere su un piedistallo; si tratta di una pienezza di vita che può essere raggiunta da tutti coloro che, come lui, costruiscono con Gesù la loro esistenza. Pier Giorgio Frassati è un luminoso esempio di un cristianesimo autentico, fatto di scelte e gesti concreti. Personalmente devo molto a Pier Giorgio Frassati; negli anni della mia gioventù e della scelta di vivere veramente da cristiano, Pier Giorgio è stato per me un testimone ideale per cercare di compiere sempre il bene; quel bene che per lui significava amore e servizio ai più poveri e, nello stesso tempo, attenzione a tutto ciò che riguardava la vita dell’uomo. La sua vicenda ci aiuta a capire quanto sia importante vivere in pienezza.
Credo che questo sia ancora più vero durante questa pandemia. Questo periodo di grande fatica ci ha messo di fronte alla verità del vivere e del morire. E questo ci dice come la vita debba essere vissuta: la morte, in qualche modo, fa luce sul senso della vita. Non c’è un istante della nostra vita che non sia prezioso e che debba o possa essere sprecato proprio perché non sappiamo quanto possa durare il nostro tempo sulla terra.
E quindi la vita deve essere vissuta in pienezza, con uno scopo che è l’eternità e che però già viviamo adesso. Il nostro tempo, se profuma già di eternità, non può che essere vissuto con quel senso e quell’intensità che solo l’amicizia con Gesù può donarci.
“Vivere senza fede, senza un patrimonio da difendere, senza lottare fino in fondo per la verità, non è vivere ma far finta di vivere. Noi non dobbiamo far finta di vivere, ma vivere”. (Pier Giorgio Frassati).
don Maurizio Oriani